Il piccolo Hans - anno XVI - n. 63 - autunno 1989

crede legittima l'etica senza un accesso diretto, allora ci si dispone a riconoscere questo precetto fondamentale: «la sola cosa di cui si possa essere colpevoli, almeno nella prospettiva analitica, è di aver ceduto sul proprio desiderio» (EP, 368). Abbiamo già incontrato l'imperativo «non cedere sul tuo desiderio», ma soltanto ora siamo in grado di entrare nell'autenticità dei problemi che esso evoca, escludendo i maggiori equivoci. Si può essere ormai convinti che tale precetto non sia un'ingiunzione «naturalistica», perché il naturalismo è un'interpretazione rigida del concetto di «natura», mentre la psicoanalisi freudiana attribuisce al soggetto un'insopprimibile plasticità. Il valore modellizzante della tragedia greca non va inteso come una prescrizione di comportamenti, ma come una simulazione di esiti comportamentali, la cui radicalità disvela la duttile natura del desiderio. Antigone non cede sul proprio desiderio: ma l'eroe tragico - diceva giàWalter Nestle - non è un modello di azione, bensì un problema. Inesorabile, anelastico quanto la figlia di Edipo è Creonte: la tragedia fa comprendere la loro prossimità, costringe a pensare che il rigido sia una radice comune al desiderio e alla legge. Non che i due termini opposti scendano gli stessi gradini, in una struttura ad albero come quella della diairesis platonica: ma nel senso di una somiglianza asimmetrica che solo un'interpretazione strategica consente di valutare. Ci sembra importante - in una fase del dibattito filosofico infiammata dal «caso Heidegger», e considerando la superficialità di certi accostamenti tra Lacan e Heidegger - ribadire la non specularità di desiderio e legge: Qual è il proclama di Alessandro quando arriva a Persepoli come quello di Hitler quando entra in Parigi? Il preambolo ha scarsa importanza -Sono venuto a liberaroi da questo o da quello. L'essenziale è-Continuate a lavorare. Che il lavo43

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