Il piccolo Hans - anno XVI - n. 63 - autunno 1989

Si ritrova qui lo stesso lessico con cui veniva circoscritto l'ambito di a.tè: qualcosa che oltrepassa i limiti, che va al di là della misura. E non si tratta solo di un'assunzione dei tratti del tiranno, come suggerisce la lettura politica dell'opera, ma del fatto che Creonte desidera infliggere al cadavere del traditore Polinice una seconda morte, così superando il limite che dovrebbe rispettare. Fino a che punto è sostenibile, allora, l'asimmetria tra il signore della città e Antigone? Tra amartia e a.tè va forse ipotizzata una differenza di intensità, di grado, anziché di «natu-' ra»? Si ha l'impressione che Lacan, volendo far risaltare la solitudine dell'eroe tragico, e il dato - anti-aristotelicoche può esservi struttura tragica nonostante la scarsità della peripezia (EP, 316), abbia preferito accentuare la distanza tra i due antagonisti, e le rispettive «colpe». Ma, pur ammettendo che Antigone e Creonte non siano due varianti dello stesso tipo di eroe - cioènon siano due specie dello stesso genere-, che non rappresentino due opposte e simmetriche unilateralità da comporre in una sintesi superiore, restiamo convinti di una loro fondamentale prossimità. La tragedia ci insegna che l'errore reversibile, strategico, e quello irreversibile (quello di chi interrompe le regole del gioco con tale slancio distruttivo da forcludersi il ritorno) sono - per quanto diversi - legati da un'insidiosa affinità. A dividerli è una soglia, una linea sottile, un limite. 7. Etica senza "nomos" Cerchiamo di ritrovare, con un rapido sguardo d'insieme, il senso di questa perlustrazione del Seminario VII. Se c'è un'etica psicoanalitica- il che non è scontato, perché nella cultura occidentale l'etica non può che essere kantiana, e si è visto che la psicoanalisi non lo è-, se si 42

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