Il piccolo Hans - anno XVI - n. 63 - autunno 1989

ne, l'etica non può rinunciare ad un fondamento cognitivo. Non resta che rammentare quale sia il contributo di conoscenza offerto dalla psicoanalisi: che l'uomo ha una natura desiderante, pulsionale, che le pulsioni sono forze definite dalla plasticità, e dunque che la natura umana è flessibile. Non c'è natura umana, se per «natura» si intende un regime di Leggi; viceversa, è naturale per l'uomo assecondare o estremizzare la propria elasticità. Che le pulsioni siano plastiche, non significa che si possa assegnare loro una forma, e una meta, in modo interamente arbitrario, artificiale, in-fondato. Proprio perché è radicalmente conflittuale, il mondo dei soggetti umani vede addolcirsi il profilo rapinoso del desiderio: sono le stesse passioni - come insegna Hobbes nel Leviatano - a chiedere il passaggio a una condizione nella quale non debba più valere il loro impeto distruttivo. Riluttante a sottomettersi ad una legge, la natura umana ammette la verità di regole come questa: Ogni scelta portata agli estremi finisce con l'autopunirsi, perché espone l'individuo ai pericoli che una tecnica di vita adottata in maniera esclusiva reca inevitabilmente con sé, proprio per la sua inadeguatezza 15 • Dovrebbe ormai essere acquisito secondo quale significato flessibile la psicoanalisi - analogamente agli altri saperi della metis - parla di una «natura». Essa non postula un fondamento metafisico; ma neppure si sente di escluderlo dai possibili destini del soggetto. La rigidità di un'essenza morale - di un imperativo categorico, da Kant a Sade - è una scelta sempre a disposizione: i due estremi, egualmente anelastici, di questo arco di possibilità, sono il dispotismo della Legge e la «dieta unilaterale» delle pulsioni. Eccoci così costretti a ritornare su una formula insufficientemente chiarita, la fedeltà al proprio desiderio. E al personaggio che ne simboleggia l'interpreta31

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==