Il piccolo Hans - anno XVI - n. 63 - autunno 1989

schiacciato, ripiegato su di sé dal funzionamento della macchina sociale): niente di più anti-freudianO. Basti pensare alla diagnosi amara, crudamente pessimista, della natura umana nel Disagio della civiltà: l'uomo non è una creatura mansueta, bisognosa d'amore, capace al massimo di difendersi quando è attacc;ata; è vero invece che occorre attribuire al suo corredo pulsionale anche una buona dose di aggressività. Ne segue che egli vede nel prossimo non soltanto un eventuale soccorritore e oggetto sessuale, ma anche un oggetto su cui può magari sfogare la propria aggressività, sfruttarne la forza lavorativa senza ricompensarlo, abusarne sessualmente senza il suo consenso, sostituirsi a lui nel possesso dei suoi beni, umiliarlo, farlo soffrire, torturarlo e ucciderlo. Homo homini lupus: chi ha coraggio di contestare quest'affermazione dopo tutte le esperienze della vita e della storia?12 È questa la risposta all'interrogativo sulla (eventuale) natura del desiderio? Si tratta semplicemente di aggiungere i nomi di Freud e di Lacan alla tradizione del pessimismo antropologico? Per quanto ci riguarda, riteniamo che tale etichetta sia gravemente mistificatoria e non esitiamo ad attribuirne la coniazione alla prospettiva etica. Nella corrente del cosiddetto «pessimismo antropologico» vanno a mescolarsi due atteggiamenti, quello per cui l'uomo è una creatura malvagia e quello secondo cui l'uomo è un étre fléxible (Montesquieu). Non crediamo sia legittimo confondere la condanna - morale - della natura umana, il giudizio implacabile sulla sua corruzione (quale si riscontra in Tertulliano, Agostino o Lutero), con la diagnosi dei teorici della metis (da Machiavelli, a Hobbes, a Freud). Il loro giudizio è altrettanto spietato, ma occorre saperlo interpretare: significa, a un primo livello, il ri29

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