Il piccolo Hans - anno XVI - n. 63 - autunno 1989

sentarmi al ragazzo che credevo avrebbe potuto essere controproducente. Gli disse di avere un'amica che era estremamente interessata ai sogni dei bambini e che avrebbe avuto piacere di parlare, con lui, dei suoi. Comunque, l'andamento dell'analisi mi convinse che il lavoro non ne era stato pregiudicato perché i resoconti in qualche modo artificiosi dei sogni portati all'inizio erano dopo tutto semplicemente delle riflessioni fatte sui suoi sogni a occhi aperti, consci o inconsci. Non è possibile stabilire una regola per definire quale sia il momento più adatto per comunicare al paziente lo scopo di questi colloqui; l'esperienza e il tatto personale sono le uniche guide alle quali ricorrere. Strettamente collegato a questa questione è il problema degli obblighi da imporre al paziente-adulto come condizione sine qua non per iniziare una terapia. Appare chiaro fin dall'inizio del trattamento che nel caso del secondo tipo di pazienti psicoanalitici converrà lasciar perdere la richiesta della franchezza assoluta e dell'abolizione di qualsiasi censura nel riferire tutto ciò che passa loro per la mente; è un obbligo che potrà essere imposto più avanti, in condizioni più favorevoli. Nel caso del primo gruppo, invece, il caso di quei giovani pazienti più maturi che spesso sono già venuti a sapere qualcosa sulla psicoanalisi da un altro membro della famiglia che si è sottoposto al trattamento, conviene fin dal primo colloquio avanzare la richiesta della sincerità più completa ed esigere l'impegno di non parlarne mai con amici, fratelli e sorelle, o altri membri della famiglia. Naturalmente, non bisogna dimenticare che in stretta connessione col piacere di condividere un segreto c'è il fatto che gli obblighi e le proibizioni sono il mezzo più appropriato per indurre un giovane a trasgredire. Il tempo dedicato all'analisi di un bambino è generalmente condizionato dagli impegni scolastici che i genitori non vogliono in alcun modo toccare. Salvo pochi casi 199

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