Il piccolo Hans - anno XVI - n. 63 - autunno 1989

fenomeno, ma non come l'evento che siamo abituati ad osservare. Molti uomini e donne trascorrono la vita interrogandosi sulla possibilità di trovare una soluzione nel suicidio, procurando cioè al corpo quella morte già avvenuta per la psiche. Il suicidio in ogni caso non è da considerarsi una risposta, ma un gesto di disperazione. Adesso, per la prima volta, comprendo che cosa intendesse la mia paziente schizofrenica (che poi si uccise) quando diceva «tutto ciò che le chiedo è di aiutarmi ad attuare il suicidio per il motivo giusto anziché per quello sbagliato». Non ci riuscii e lei, disperando di trovare la soluzione, si uccise. Il suo scopo (nella visione di oggi) era di veder affermato tramite me che era morta da piccola. Su questa base, penso che insieme avremmo potuto fare in modo da posporre la morte fisica sino a quando la vecchiaia non avesse riscosso il suo pedaggio. La morte, considerata in tal modo come un qualcosa già accaduto al paziente, ma in un momento in cui egli non era ancora sufficientemente maturo da poterla sperimentare, assume il senso di annichilimento. Si è così delineato un modello di sviluppo nel quale la continuità dell'essere è stata interrotta dalle reazioni infantili' del paziente in risposta ai colpi, intesi questi ultimi come fattori ambientali divenuti urtativi a causa delle deficienze dell'ambiente facilitante. (Nel caso di questa paziente, i guai cominciarono molto presto, visto che una prematura consapevolezza venne risvegliata prima della nascita dal panico della madre e, in più, la nascita stessa 'fu complicata da una.placenta previa non diagnosticata.) Vuoto Sono ancora una volta i miei pazienti a mostrarmi come il concetto di vuoto possa essere considerato in questa medesima ottica. In alcuni il vuoto deve necessariamente venire sperimentato e, anche in questo caso, il vuoto appartiene al 136

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