Il piccolo Hans - anno XVI - n. 63 - autunno 1989

per riconosce. re la via che introduce ad esse. Il problema strategico precede quello etico. Sulle difficoltà di un ingresso immediato all'etica si meditino le parole di Nietzsche: «il credere nella morale non è ancora una prova di moralità: ci sono casi - è il caso dei filosofi rientra nel loro novero - in cui una tale credenza è semplicemente un' immoralità»3 . 2. Un luogo di antinomie Questo non è che uno dei paradossi che si incontrano nell'ambito dell'etica. Il Seminario VII ne mette a fuoco almeno altri quattro, che riguardano (a) il Bene supremo, (b) il rapporto bene/piacere, (c) il desiderio, (d) la colpa. Antinomie che non sembrano risolubili dall'etica con i suoi soli mezzi. Forse, la facilità con cui tale campo genera paradossi dipende da una contraddizione profonda, che è già stata abbozzata: l'insostenibilità dell'etica, la sua impossibilità ad esistere come pensiero e spazio autonomo pur nell'impossibilità di rinunciare a una vocazione di autonomia. L'etica non può che essere kantiana, e non può esserlo. Esaminiamo anzitutto il rapporto bene/piacere. La sua paradossalità va individuata nel fatto che «il piacere appare in molti casi come il termine opposto allo sforzo morale, e tuttavia è necessario che esso vi trovi la sua referenza ultima, quella a cui deve in fin dei conti ridursi il bene che orienterebbe l'azione umana» (EP, 46)4 • Ecco un nodo che si presenta proprio là dove il problema si avviava a soluzione. Tale circolarità non era ignota ai classici: Altri prima di Freud hanno parlato del piacere come di una funzione direttiva dell'etica. Aristotele non si limita a prenderlo in considerazione: egli non può fare à meno di collocarlo addirittu13

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