Il piccolo Hans - anno XVI - n. 63 - autunno 1989

s4 che più la perde quanto più s'aiuta?» «Perché conoschi», disse, «quella scuola c'hai seguitata...» (Purg. XXXIII, 79-86) L'immagine del sigillo esprime un paradosso logico, provato tuttavia da Dante nell'esperienza; un movimento interviene (v. 83), e induce un senso di perdita; Beatrice risponde con la necessità di un salto di qualità del sapere - e interverrà ancora sulla privazione di memoria di Dante ai vv. 124 e sgg. Tuttavia l'altra f�ccia del fine stampato nella forma esemplare è imperscrutabile proprio perché determinante a priori, essendo il medesimo dell'esemplare: nel sigillo la similitudine è massima, e perciò stesso invertita. È il passaggio di una privatio, cioè la strada dell'umiltà84, che conduce alla «Felix unio, si experiaris: nulla si comparaveris». Non a caso l'immagine del sigillo è spesso associata al tema del libero arbitrio - sigillo indelebile della libertà divina - come in Par. XIII, 67 e sgg. e in Par. VIII, 127-9, o richiamata per descrivere il progetto della perfetta libertà umana nella Monarchia (II, II e III, XIV). Ma sigilli sono anche i cieli, creati appunto da un'inversione dell'operazione divina, come Dante apprende in Purg. XXV, 88-99. e) Infine il sigillo è negli occhi, come punto di realizzazione del processo «discorso» della visione: in Par. XIV, 133, nel momento dell'estasi di Dante, gli occhi di Beatrice sono «vivi suggelli». Ciò si accorda con lo schematismo che sembra presiedere al processo ottico della visione. Nel Convivio (II, XIV) Dante aveva infatti affermato l'autenticità della visione - «veramente si vede» - quando il raggio visivo che passa per la pupilla è ortogonale al nervo ottico; la massima autenticità vi sarà quando due occhi si guardano a vicenda - con implicito riferimento a una teoria della reciprocità aprioristica dello sguardo 114

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