Il piccolo Hans - anno XVI - n. 63 - autunno 1989

bitrarietà che ha luogo nel discontinuo, per cercare di chiarirne il funzionamento, si possono prendere in considerazione due immagini ricorrenti dello schematismo nella produzione dantesca: il sigillo e il processo della visione riassunto nella pupilla. Il sigillo81 , derivando da «signum», innanzi tutto è, linguisticamente, «segno», ma è anche, filosoficamente, la determinazione. Non ha però, come il segno linguistico, il carattere dell'arbitrarietà, né dal punto di vista della mutevolezza storica delle lingue, né come beneplacito soggettivo82; come immagine filosofica indica che la forma che «dat esse rei» non ha altra determinazione che nell'esemplare stesso. Si può dire che il sigillo, come Maria, rappresenta quel luogo verso il quale si muovono, annullandosi, il discorrimento delle cause pensabili filosoficamente, e i procedimenti espressivi ad esse riportabili: senso letterale, allegorico, anagogico-morale (associazione libera, eidetismo, abreazione verbale)83 - o anche le intenzioni luminose, se per sigillo, come vedremo, si può intendere la pupilla, o la retina, come «termine» del «discorso» visivo. Il sigillo è l'immagine vivente dell'apriorismo trascendentale. Ne abbiamo un segnale dinamico nel fatto che il sigillo presuppone l'immagine di un'operazione di netta definizione, se considerata eseguita; ma che, al contempo, costringe anche a pensare il piccolo movimento del1'applicazione - come ultimo finale, e iniziale formativo - come fosse suggerito da quel falso diminutivo della parola «sigillo». a) Dal punto di vista linguistico è più di un'allegoria, è un bassorilievo: in Purg. X i bassorilievi appaiono dapprima in luogo dei superbi, e gli esempi di umiltà in essi contenuti esprimono nel contrappasso una lezione di movimento: contro la presunzione è prescritto il ritorno, umile, all'esemplare. Primo fra tutti il bassorilievo di Maria (vv. 34-5), la quale «come figura in cera si suggella». Maria è il 112

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