Il piccolo Hans - anno XVI - n. 63 - autunno 1989

suo aspetto mi sostenni - quasi ne la sua assenzia dimorando, entrai a riguardare col pensiero lo difetto umano intorno al detto errore» (Conv. IV, I). Perciò, nella sospensione, egli decide di scrivere la canzone, e si rivolge a questa sua donna descrivendola come una «luce virtuosissima... li cui raggi fanno ne li fiori rinfronzire e fruttificare la verace de li uomini nobilitade» (Ibidem), con un'immagine che anticipa singolarmente, ma qui in modo ancora «sensuale», l'immagine dei fiori e delle faville che abita l'Empireo68 . Nel Paradiso, invece, Dante scopre che la Prima materia può essere direttamente intesa da Dio (Par. V II, 6475)69, il quale «dispiega le bellezze eterne» (v. 66), «distilla» (v. 67), «piove» (v. 70), e «raggia» (v. 74) l'universo. Ma questo non significa ora necessariamente avere incluso Dio nel processo delle cause: egli crea, sì, ma rimanendo in sé, «ardendo in sé» (v. 65), «sanza mezzo» (vv. 67 e 70), e «non si move» quando sigilla (v. 69). Lo ripete in Par. XXIX, 22-36, alle soglie dell'Empireo, dicendo che Dio «raggiò insieme tutto I sanza distinzione in essordire» (vv. 29-30). Nel trattato Dante si accorgeva di aver semplicemente negato l'influenza causante di Dio; ora non è per semplicemente attribuirgliela, ma scopre quanto di essenziale e di costitutivo vi fosse nell'idea di una discontinuità causale. Nel Paradiso Dante scopre dunque che Dio agisce proprio attraverso la discontinuità: ed è questo il «sublime» che da sempre.egli «mirava e cercava», provvisoriamente, nel Convivio, attraverso l'immagine di bellezza turbata della sua donna che lo invitava alla sospensione. È significativò che questa correzione emerga ora, nei brani sopra citati del poema, nel luogo di una nuova e più complessa concezione della causalità: ciò può essere confermato infatti dalla presenza di quel tratto che avevamo indicato come segnale della trascendenza, i verbi che descrivono incominciamenti: «dispiega» (due volte), «sfavil108

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