Il piccolo Hans - anno XVI - n. 63 - autunno 1989

procede verso la fine del poema, l'istanza estetica del discorso poetico non si fonda più sul godimento percettivo, ma, con un'inversione di senso, sull'appercezione: negli ultimi canti infatti via via sempre meno decisive sono le cose viste, e sempre più commovente diventa invece l' azione, o il movimentò, dell'intelligenza. Gli errori, quindi, come epifanie della discontinuità (e come reditio commovente dell'intelligenza), sono rivelatori. Come già detto, parallelo a quello delle macchie lunari è quello della concezione delle gerarchie divine. Si tratta proprio di un esempio in cui c'è un nesso di un ve- ' nir meno dell'esperienza, ritrovato come punto di commozione dell'intelligenza nella figura di Gregorio Magno (e di Dionigi). Nel Convivio (II, IV) la distribuzione delle intelligenze motrici rispetto ai relativi cieli è diversa da come verrà presentata nel Paradiso, tanto che Gregorio- che fornisce ora la teoria corretta conformemente allo Pseudo-Dionigi - «di sé medesmo rise» (Par. XXVIII, 135), in quanto anch'egli aveva seguito l'opinione corrispondente a quella del Convivio, mentre ora può invece verificare, vedendo finalmente le gerarchie, che era errata. La differenza più notevole fra le due esposizioni consiste nel fatto che i Troni, nel trattato, erano motori del cielo di Venere (« Voi che 'ntendendo il terzo ciel movete» ), mentre nel poema sono la sede stessa del «divino aspetto» (Par. XXVIII, 103-114 - dove sono descritti come il bordo specchiante di una teofania integrata). La differenza non è terminologica: c'è un salto di qualità notevole, bene espresso dal fatto che Dionigi (colui che si presenta come Dionigi) ha l'autorità non tanto della filosofia, quanto dell'esperienza: all'inizio dei Nomi divini egli si dichiara testimone diretto della morte di Maria61 , e anche dell'eclissi di sole seguita alla crocifissione62 . La differenza 106

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