Il piccolo Hans - anno XVI - n. 63 - autunno 1989

La funzione di questi movimenti presenti negli ultimi canti è del tutto originale: essi non si svolgono nello spazio (che, infatti, non sussiste)56 , ma costituiscono lo spazio. Si tratta di un altro degli indici fondamentali del passaggio alla fisica moderna (la concezione dello spazio come «condizione generale di mobilità»57); ma è anche qualcosa di più: è indice del passaggio da una dinamica a una meccanica trascendentale di aspetto kantiano. Se è lecito accostare con un salto storicamente del tutto incongruo i due sistemi filosofici, si potrebbe dire che sulla linea di discontinuità dell'Empireo la dinamica perde di senso perché si costituisce a priori. Kant ripete nell'Opus postumum la formula medievale «forma dat esse rei»58 proprio quando intende spiegare che «spazio e tempo non sono oggetti dell'intuizione... ma sono essi stessi intuizione pura, in quanto soggettivo della forma,... base di tutte le percezioni, non in quanto aggregato, bensì in un sistema in favore della possibilità dell'esperienza (p. 273). L'oggetto sensibile esterno, in quanto il soggetto agisce immediatamente su di esso a distanza, esercita forze di movimento (p. 271)», ma «Al sistema dinamico si deve contrapporre... quello meccanico» (p. 271); da questo superiore punto di vista anche l'«alta fantasia» di Kant propone delle micro-immagini dell'attrazione e della coesione: «V ibrazioni ondulatorie con diversi colori, che scoppiano, per dir così, nell'occhio, non che si muovono semplicemente... Sono metalli (politi) e ali d'insetti, di color d'oro e d'acciaio» (p. 275). Di nuovo, per caso, le api, o le faville. Un'altra sconcertante analogia - sempre che la storia della filosofia non lo vietasse - vige anche fra le costruzioni «irrraginales» di fisica celeste che Dante finge (come ad es. in Conv. III, V, dove immagina di far cadere un sasso attraverso la Terra da una città a un'altra posta agli antipodi, chiamate singolarmente Maria e Lucia) e le enigmatiche assurdità attraverso le quali Kant si sforza di descrivere un pensiero che nasca sui limiti della legge 104

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