Il piccolo Hans - anno XVI - n. 62 - estate 1989

Sì, se il poeta sussurra d'amore, anche le I:Juri sono vogliose. Se poi volete invidiargli questo, o perfino amareggiargli, sappiate: le parole dei poeti alle porte del paradiso, lievi lievi, bussando aleggiano, e impetrano la vita eterna. La stesura di questa poesia risale al 24 dicembre 1814; Napoleone è prigioniero all'Elba ma gli esiti della sua politica aggressiva hanno scalzato regni e governi in tutta Europa. Il disordine del recente passato, l'ansia per il futuro immediato, invitano a una Egira (in arabo hijra = fuga, è la migrazione di Maometto dalla Mecca a Medina nel 622 d.C.) e a rifugiarsi in un Oriente vagheggiato dalla fantasia come un'oasi di serenità. Dalla fantasia soltanto, perché il paradiso perduto si sposta qui, da una primavera ellenica ormai abusata, in una zona che sembrava ancora intatta, abitata come la Palestina primeva dai patriarchi. Il Chiser (Khe�) della prima strofa è il custode della fonte della vita, in una lirica di I:Jafe?; porge al poeta un bicchiere, dal quale si beve il dono della creatività e l'immortalità della fama. Nella terza strofa si riconoscono i limiti di questi popoli primitivi, agli albori della civiltà, quando regnava ancora la fede nella stabilità dell'ordine divino (cosmico) ed il pensiero era angusto, vale a dire articolato nelle sue strutture portanti e non ancora disperso in una trama di concetti sottili e complicati. La poesia indugia poi in una sequela di scene di colore, il deserto, la carovana, il fascino dell'eros, per concludersi con l'esaltazione della figura del poeta, il beniamino a cui gli dèi concedono una gloria eterna. 99

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