Il piccolo Hans - anno XVI - n. 62 - estate 1989

Non ha preso ancora nelle sue mani la grande figura di Dighenìs Akritas... 24 Quanto sto dicendo vale un po' per tutta la tradizione neogreca: l'Oriente non è l'altro ma sempre qualcosa di noto, verso cui si piega con un'attitudine più nostalgica che esotica. Esso resta pertanto un tema minore o «secondario» (quello primario sappiamo ormai quale è). A parte qualche cenno di vivacità (ne trovo qua e là in Sikelianòs, in Seferis, soprattutto nelle Città alla deriva di Tsirkas, non riesce invece a entusiasmarmi il buddismo di uno scrittore ingiustamente famoso come Kazantzakis), cos'altro resta se togliamo le pagine dei grandi romantici greci (quelle di Solomòs, quelle di Kalvos, dove l'incubo dell'«araba cavalla» può trasformarsi in scongiuro)? Forse restano soltanto un paio di racconti «turchi» di Viziinòs, uno scrittore del tardo Ottocento che_:vive ai margini della letteratura ufficiale e che meriterebbe di essere tradotto anche in italiano. Del resto non è certo un caso che a fronte della ricca bibliografia neogreca relativa ai cosiddetti «influssi» occidentali, l'unico articolo che tenta di affrontare complessivamente la questione degl'influssi orientali è uscito nel 1987 (George Kehagioglou, Modem greek Orientalism: a preliminary Survey of literary Responses to the Arab World)25 • Naturalmente le cose vanno in modo diverso nella tradizione popolare. Ho accennato alle suggestioni che !'«asiatica musa» esercita sul canto e sulla musica. Ma si pensi per esempio al teatro d'ombre. La Grecia è l'unico fra i paesi usciti dalla dominazione ottomana ad aver assimilato (e naturalmente trasformato) il Karagoz turco. Che deriva, a quanto pare, dalla Cina (ma non è mancato, in Grecia, persino chi ha pensato a un'origine autoctona... addirittura alle ombre dell'antro platonico!). Le cose vanno dunque in modo molto diverso nella tradizione popolare, la quale, certo, non soffre di complessi d'inferiorità, 79

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