Il piccolo Hans - anno XVI - n. 62 - estate 1989

anni lo. studio delle tradizioni popolari, soprattutto per impulso di Nikòlaos Politis: che fornisce la prima tassonomia del folklore neogreco e che influisce notevolmente, attraverso la rivista «Estia» («Focolare»!), nell'orientare le stesse ricerche letterarie del tempo (verismo). Fra il 1860 e il 1872 Costantino Paparrigòpulos pubblica una monumentale Storia della nazione greca, testo base degli studi storici neogreci, il cui proposito dichiarato è quello di dimostrare l'ininterrotta continuità della «stirpe». Questi schematici ragguagli sono sufficienti, spero, per farci almeno sospettare che il silenzio generale su quel nevralgico episodio narrato dal Romanzo d'Alessandro è tutt'altro che casuale. Ma il sospetto diventa stavolta certezza, perché disponiamo di una prova: indiretta, ma risolutiva. La troviamo nella Storia di Paparrigòpulos e precisamente nelle pagine finali della sezione «Ellenismo macedone», là ove l'autore, dopo aver parlato dell'emozione suscitata nel mondo dalla morte di Alessandro, passa con toni plutarchei a esaminare i «giudizi su di lui come conquistatore e governante». Qui, dopo aver proceduto a un veloce confronto fra la grandezza d'Alessandro e quella - indiscutibilmente inferiore - di Giulio Cesare e di Napoleone, il decano degli storici neogreci ci offre questo piccolo capolavoro di doppiezza: [...] la gente, che ignorava le ingiurie morali e fisiche patite da quel giovine corpo, e ignorava del pari che l'uomo, per quanto sia grande, non può far miracoli nella giovinezza, se non sacrificando e per così dire ipotecando la successiva età della vita, e che vedeva che Alessandro in una dozzina d'anni aveva fatto cose sì grandi e aveva ormai in sua potestà, ancor nel fiore della giovinezza, la splendida civiltà dell'Ellade e gl'innumerevoli tesori e popoli dell'Asia, la gente dunque restava in attesa - nella convinzione che Alessandro non si sarebbe contentato di 73

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