Il piccolo Hans - anno XVI - n. 62 - estate 1989

ba dantesco, attira le parole verso l'esca dolce della semantica, ma le attira da una scomoda posizione, nel quadro della rapidità, per un tempo dato dall'attimo, da un presente senza continuità. Questa rottura della durata, questa perdita, carica, fin dall'origine, la poesia che ne nasce di un'esperienza impossibile, di un desiderio già espresso da quel maestro di divisione e oscillazione che fu Rousseau: vorrei che quest'istante durasse per sempre. È questo il moderno adunaton, su cui orienta la sua fioritura la poesia lirica novecentesca. Vorrei che quest'istante durasse per sempre: è il grido dello «stilita dormiente» che, come abbiamo letto in Pessoa e Dickinson, non sa a cosa afferrarsi: non possiede né l'ossatura del tema, né l'obbligo di un determinato numero d'ore da passare seduto allo scrittoio, nelle ore di bassa marea non ha materiale a cui attingere, da cui essere preso o addirittura inghiottito; è completamente legato a un filo - il filo della fiducia63 • Non sa a cosa afferrarsi, ma resta, come un allievo sul banco, sul suo «io scrivo» spoglio, e nel solo «presente» che gli sia dato ascolta gli eventi di ritorno della reversibilità, i movimenti del materiale, le riuscite, le realizzazioni, semmai portino tracce di ciò chè lavora nascosto, vicinissimo, oriente, dietro un attimo che non è dato. In questa situazione: un filo, la fiducia, la realizzazione. «La volontà creativa è la pazienza». A questo filo la Dickinson ha legato pezzettini di carta, conti, ritagli di giornale, e quasi duemila poesie, lasciate anche dopo la morte chiuse nella cassettina scrigno, legate al filo ombelico che dal vicinissimo spazio del corpo esce nel fondo lontano dei sogni. Questo filo, che è corpo, e reca tracce della propria origine, lega tutto ciò a un pezzo di natura. Lega la poesia 58

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==