Il piccolo Hans - anno XVI - n. 62 - estate 1989

vimenti degli elettroni nell'atomo. Vede il testo come una materia che richiede un organo per «agguantarla», uno «strumento per misurare il tempo... che si è liquefatto». Così, sul modello di struttura fluida del Discorso, il tempo dell'«io scrivo» si aggiusta, chiamato a partecipare con «passione» al «tormento del divisionismo» e al «martirio delle quantità infinitesime». Si aggiusta allargando il punto di vista e la strumentazione per indagare, nella linea lirica proposta, le fasi più acute di rottura della compagine del testo. Come vedremo, per esempio, nella lettura degli stessi versi di Mandel'stam. Per cominciare Mandel'stam ribalta ogni approccio alla Divina Commedia: se finora ci siamo lasciati sfuggire le sue «danze sperimentali», ora dobbiamo prepararci a leggerla come un proiettile scagliato verso il futuro. Legare gli studi danteschi alle sperimentazioni linguistiche delle generazioni future richiede un occhio attento alla genetica del testo, che equivale per Mandel'stam alle strutture geologiche o cristallografiche. Questo punto di vista, che il Discorso sviluppa in manierà straordinaria, è sorprendente per noi perché fin dall'inizio ci rimette nella condizione di avere qualcosa di molto vicino - una pietra- che attraverso uno strano passaggio (qui il martelletto del geologo) apre su ere remotissime: come una «lampada di Aladino che trapassa le tenebre geologiche delle età future...» Una collezione di minerali sarebbe un commento perfetto all'organismo della Commedia. Ho chiesto apertamente consiglio ai calcedoni, alle corniole, ai gessi cristallini, agli spati, ai quarzi... Ho capito che una pietra è come un diario meteorologico rappreso in un grumo, non è altro che il tempo astratto dallo spazio atmosferico racchiu47

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