Il piccolo Hans - anno XVI - n. 62 - estate 1989

Pessoa e della Dickinson: l'«io» camaleontico, rinunciando alla consistenza soggettiva, brucia l'involucro temporale protettivo messo dai romantici intorno all'emozione, e il passaggio all'epressione si fa con un salto, un'interruzione. Pessoa rovescia il filtro temporale, posto come indugio all'epressione, con una definitiva esclusione dei termini. Ecco la sua ripartizione: Ogni vera emozione è una menzogna nell'intelligenza, perché non si realizza in questa. Ogni vera emozione ha pertanto una espressione falsa. Esprimersi è dire ciò che non si sente15 ; Così: La simulazione è più facile, anche perché è più spontanea, in poesia16 • Irrelata, ora l'espressione è libera di organizzarsi senza misurare la reciproca posizione con l'antico correlato emozionale. La disponibilità vagante dei due termini a scontrarsi ha una forza dirompente che vedremo all'opera nell'«io scrivo», non nel senso di un'avvicinamento dell'espressione al contenuto emozionale, già escluso da Pessoa, ma nel senso di un'aggressione, di una forza che ciascuno dei termini non può ricevere in sé, ma che entra in conto nell'operazione attraverso l'unità di tempo, il presente in cui concorrono entrambi. Questo tempo presente non ha nulla a che vedere con il tempo che per Seferis accomuna Kavafis e Eliot a Joyce e Yeats nell'espressione: sì, «sono un poeta storico»17• Questo, Pessoa e Dickinson non potrebbero dirlo: essi non p�ssano sotto l'arco di volta mitico che euforizza il parallelismo contemporaneo-antico, né fanno propria l'onnivora dimensione transletteraria. Ciò non significa che non possano poi afferrare anch'essi, inchiodati al presen33

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