Il piccolo Hans - anno XVI - n. 62 - estate 1989

affiancano con la· loro produzione quella ortonima. Non vale insistere su tale evidente molteplicità di rispecchiamenti: «mi sento multiplo. Sono come una stanza dagli innumerevoli specchi fantastici che distorcono in riflessi falsi un'unica anteriore realtà che non è in nessuno ed è in tutti»8 • Basta qui notare che a questa molteplicità corrisponde un'intrinseca labilità: una sensibilità colpita da «inversione sessuale frustrata», «un temperamento femminile con una intelligenza maschile»9 • Pessoa si riconosce una natura indeterminata, una natura ermafrodita, e fra i molti precedenti - in questo Pessoa concorda perfettamente con V. Woolf, per la quale Shakespeare, Keats, Coleridge e Proust erano androgini, in obbedienza al fatto che «la poesia ha bisogno di una madre oltre che di un padre»10 -fra i precedenti sceglie Rousseau, con cui ha molte, veramente troppe «affinità»: «in certe cose i nostri caratteri sono identici»11 • Dunque per l'intrinseca labilità, l'«io» che scrive «non ha principi: oggi difende una cosa, domani un'altra»12 ; non ricorda nulla: tutto è sprofondato, riassunto in uno strano presente che incornicia l'attimo della scrittura. Questo «io» labile si affaccia sul testo con una particolare nudità. Giorgio Seferis, incontrando il nostro discorso, dice: «il poeta non ha nulla: "non ha identità", "non ha io", "è la più antipoetica esistenza che esista al mondo", "è un camaleonte"»13 • Nell'ordinamento delle brevi poesie di Emily Dickinson, un «pensiero della poesia» ricchissimo e folgorante domina lo spazio dove un «io» sempre presente funziona come valvola di passaggio, senza barriera, fra ciò che è vicino e ciò che è lontano, fra ciò che è reale e materiale e ciò che è mentale: anche la mente ha il suo spazio, i suoi corridoi. L'Eliso non è più lontano della camera attigua14, 31

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==