Il piccolo Hans - anno XVI - n. 62 - estate 1989

ha che un sentore, un clima. Egli è il catalizzatore necessario, la presenza che si manifesta come intenzione reiterata,ma intenzione senza contenuto, e anche molto meno che un volto. Siamo di nuovo vicini al punto di vista- al Partitopreso delle cose - di Ponge che dalla nicchia conchiglia osserva: Les monuments de l'homme ressemblent aux morceaux de son squelette ou de n'importe quel squelette, à de grands os décharnés: ils n'évoquent aucun habitant à leur taille. Les cathédrales les plus énormes ne laissent sortir qu'une foule informe de fourmis... I monumenti dell'uomo somigliano ai pezzi del suo scheletro, o di qualsiasi scheletro, a grandi ossa scarnificate. Non evocano un abitante alla loro dimensione. Le cattedralipiù enormi non lasciano uscire che una folla informe di formiche... 6 Non è il poeta che siede a scrivere ma un resto osseo, un nulla di formica, una resistenza calcarea come ne lasciano le conchiglie, una volta l'animale allontanato o morto. E tuttavia è questa presenza la pietra d'inciampo nel testo, l'occasione ostensiva, che impropriamente potremmo chiamare shifterata, equivalente ai segnali shifter che indicano il soggetto. Così dalla stanza della poesia che tende a diventare «un posto nell'economia della natura», da questo «studiolo»7 , passa nel tessuto del testo un piccolo dettaglio, un oggetto, una parte del corpo presa come esterna e sorprendente: «la mano posata sul tavolo,/ la mano astratta, dimenticata». Con un salto questa cosa è trascinata nell'«abisso fatto di tempo», che dalla prossimità della scrivania conduce fino al remoto oriente: «La grande Sfinge dell'Egitto sogna dentro questo foglio... I Scrivo: e lei mi appare attraverso la mia mano trasparente». Qualcosa d'istantaneo- «D'improvviso mi fermo... Si è 29

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