Il piccolo Hans - anno XVI - n. 62 - estate 1989

cevere in sogno la visione dell'Atlantide, e la sua scrittura in bella calligrafia3 • A Malte Laurids Brigge sarebbe bastata una casa tranquilla nei monti per diventare poeta: sarebbe stato «un poeta felice che racconta delle sue finestre, delle vetrine, della sua libreria dove si specchia assorta una cara profondità solitaria»4 • · Con la Dickinson e con Pessoa siamo invece in una ambientazione molto spoglia, di cui anzi non sappiamo quasi nulla, e che nulla ha in comune con la suggestione dei luoghi. Elementi minimali, legati all'involucro esterno del posto, si frappongono fra la pagina bianca e l'incipit come una scintilla, un granello d'inceppo che mette in moto, con l'attrito iniziale, il testo. È qualcosa di diverso dall'attenzione che avevano i romantici per il paesaggio circostante, o per lo stato d'animo dello scrivente; diverso anche dalla «stanza tutta per sé» con cinquecento sterline all'anno, di cui parla V. Woolf5. Qui siamo più indietro, appoggiati agli oggettini della stanza di poesia (come si potrebbe dire la stanza dei giochi) dove si è fissato uno sguardo istantaneo, distratto, un ascolto assorbito se mai vi sia segno di un richiamo. Ora sul testo appare una restituzione diagonale velocissima e trasformata degli elementi di partenza, spesso gli stessi, che tornano in una combinatoria inesauribile, in una semplicità tanto più ammirevole quanto più il testo parte alto a prendere il nostro occhio, o orecchio, di lettore, a sua volta consegnato alla semplice sorpresa dello scricchiolare del pennino sul foglio. Tante piccole protesi in fuga riconducono dagli angoli più diversi, e anche più difformi (come per poliedriche messe a fuoco dell'occhio della mosca) uno stesso accanimento ostensivo della condizione minimale d'enunciazione, della postura zero: il testo si apre mostrando il poeta scrivente in posizione, dove ciò che conta è la posizione, sempre variata, e ripetuta, mentre del poeta il testo non 28

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