Il piccolo Hans - anno XVI - n. 62 - estate 1989

Il tempo nella poesia della Dickinson e di Pessoa è di una qualità diversa: si struttura, come dispositivo dei tre elementi messi in rapporto, in un nucleo individuato - «io scrivo». Questo «io scrivo» diventa il contenuto specifico, per la poesia lirica nel testo moderno, di quella vo- · lontà assoluta posta all'origine del fare poesia dall'«io voglio», che avevamo altrove ripreso, a certe condizioni, dal «volo» mistico1 . Ora per vedere come funziona e cosa significa questo «io scrivo» nelle poesie, o almeno in certe poesie, della Dickinson . e di Pessoa diamo una determinazione ai tre elementi che fanno il nodo: la stanza (il luogo della scrittura); l'«io» (il corpo, e le condizioni dell'enunciazione «io»); il tempo di questa scrittura. La stanza La lampada, la scrivania, il muro, la finestra, un oggetto, un rumore sono talvolta l'asse stesso intorno a cui ruota l'esperienza della scrittura. Siamo vicini a quelle nicchie, a quelle conchiglie che Francis Ponge concepisce come il più straordinario spazio abitativo per il genere umano2 • Costruito con la comune secrezione del mollusco uomo, con la cosa più proporzionata e condizionata al suo corpo, la parola, questo spazio per scrittori si addice particolarmente ai poeti che ne hanno realizzato gli esemplari più economici: nicchie mirabili per la ripartizione interna degli spazi, per l'impiego minimo di materiali, anche dei più modesti, simili, in questo, a certi «semplicissimi» manufatti egizi temperati nel legno, tinti d'azzurro, fragili da non durare un temporale, e che invece sono arrivati a noi. Con Hoffmann possiamo addirittura parlare di una graziosa fattoria come proprietà poetica, e di una stanza azzurra con una scrivania viola come luogo ideale per ri27

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