Il piccolo Hans - anno XVI - n. 62 - estate 1989

Una rivoluzione della poesia lirica e la sua esca Ora che scrivo, guardando dalla finestra l'orizzonte impersonale tutto bianco di neve, unmucchio di paesaggi suoi viene qui a frapporsifra la carta che si fa nera e la neve. La p rima ragione che fece accostare Seferis a lui, che scriveva poesie nel gelo della· sua stanza, fu un posto simile: la sua camera di studente a Parigi... Molte poesie di Emily Dickinson e di Fernando Pessoa (benché diverse fra loro) fin dal primo verso evocano nel lettore il senso di un rapporto con la poesia stessa e con la natura assolutamente nuovo, e tale da porsi all'origine di una certa fioritura novecentesca della lirica. Ci proponiamo di individuare quale sia il tono, il timbro di voce che caratterizza quella poesia che ci colpisce, fin dall'incipit, per la forza e la novità. E leghiamo quel tono a tre elementi centrali, a qualcosa che riguarda il rapporto fra: primo) chi pronuncia la parola poetica assumendola al livello di un «io» già investito dallo choc del moderno; secondo) ciò che lo circonda fisicamente nell'atto di dire «io»: la stanza, la scrivania, la finestra, i fogli di carta, il paesaggio, la città, l'aria; terzo) il modo con cui qualcosa del primo e del secondo punto precipita sulla pagina in una sorta di capofitto temporale. Il rapporto fra questi tre elementi costituisce il nucleo interno di un modo di fare poesia distinto sia da quello dei romantici, sia dalla linea dei poeti transtorici che all'inizio del Novecento hanno operato una rivoluzione poetica fondata sulla «medesimazione» temporale di elementi antichi e contemporanei, mitici e quotidiani. 26

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