lutto e di riconoscere la perdita, originaria, arrestati all'illusione di permanenza perenne dell'oggetto arcaico... ». Il tossicodipendente è perciò in grado di stabilire, accanto a relazioni con oggetti arcaici, relazioni oggettuali più adulte, a differenza di quanto si verifica in altre più gravi forme psicopatologiche: Kohut definisce splitting verticale questa strutturazione esistenziale. Effettivamente molto spesso lo psicodramma che emerge quando il dipendente narra la sua storia si struttura come un dramma a tre personaggi: il soggetto; l'oggetto sé, che abbiamo visto identificarsi nella sostanza; l'oggetto reale da recuperare in maniera ambivalente, cioè carico di ambivalenza affettiva: da un lato il desiderio del dominio e del possesso assoluto che, desiderio obbligato, diventa iperdipendenza, dall'altro l'odio connesso con la minaccia angosciosa della perdita. Il sottolineare come la distruttività di questi pazienti prima ancora di essere autodistruttività fisica, sia diretta contro gli oggetti del mondo interno, ci riporta a quanto espresso poco sopra, a come cioè la sostanza risponda alla richiesta del dipendente di alleggerire una tensione penosa, o, i:n altri termini, di sostituire, quando introdotta, funzioni carenti della psiche. Facciamo un esempio, che ci nasce dall'individuazione del punto centrale della depressione, connessa colla perdita, che è il bisogno. Non ci stancheremo di dire che i dipendenti sono esempi, anche se inapparenti, paradigmatici di depressione cronica, coi loro bisogni anomali. Il senso del termine di nevrosi narcisistica che la psicoanalisi ha da sempre adottato per indicare la depressione, sta proprio in questa immagine, che oggi, allo stato attuale delle conoscenze analitiche, potremmo costruire, quella di un individuo in contemplazione immobile dell'oggetto primario perduto ed introiettato e, quindi, di se stesso. Ciò che, mi pare, vuole esprimere una delle più famose ballate di Goethe, il re di Thule, ove compare la coppa 199
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