mondo rivolto indietro, che non può tollerare alcuna perdita ed alcun distacco e non può che essere in posizione nostalgica: in questo modo si ritrova, al di là della patologia, un elemento comune dell'uomo: dunque la dipendenza, con la droga, l'alcol, il fumo, il lavoro, le istituzioni, attraverso momenti totalizzanti e senza fine, realizza la nostalgia infantile in modo interminabile. Lo dimostra l'indice generale di ciò che si trova in genere a monte di tutte le dipendenze, che si riassume nella perdita di amore: mancanza di uno o due genitori, broken family, frustrazioni riguardanti l'ideale dell'Io, frustrazioni sessuali e incertezze di identità. Una sorta di voracità e insaziabilità compulsiva, collegato con la regressione orale, come contromisura antidepressiva, è sempre in funzione in questi casi. D'altra parte nell'alcolismo, come nel fumo di sigarette, nell'obesità, nella tossicodipendenza, nelle dipendenze da situazione lavorativa, gli individui o trovano aggiustamenti accettabili in un'area di dosaggio possibile, o entrano nella patologia (modesto bevitore o alcolista, modesto fumatore o fumatore autolesivo, assaggiatore di marijuana o eroinomane, così come nell'alimentazione si va dal buon mangiatore all'obeso) costituendo così una distinzione tra normale e patologico del tutto artificiosa e labile. In questo senso, la dipendenza grave sta alla depressione come alla depressione sta la mania, nel senso che, soprattutto nell'alcolismo, è facile vedere in atto compensi come la fantasia di controllo onnipotente della realtà, la negazione della perdita, il trionfalismo, con la struttura euforico-disforica dell'umore. Il concetto di immobilità ci rende forse ragione di un dato clinico, con cui siamo purtroppo abituati a fare i conti. Questa immobilità, o questa grande difficoltà di cambiare, è per noi terapeuti, una situazione clinicamente negativa, poiché cambiare vuol dire, in questa accezione, guarire, e ciò spiega la vischiosità di questi stati e la 194
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