ora nel DSM un asse per questa dimensione. Questo ci porta a considerare che la teoria di lutto e melancolia (basata sulla triade perdita d'oggetto, introiezione, investimento narcisistico) rimane ancora il punto unificante della nosologia delle depressioni, e di vivace utilità per lo studio della depressione, il che conferma l'annotazione di Emde, sulla grande capacità della psicoanalisi di produrre ipotesi e costruire modelli teorici per la ricerca. Nella dipendenza esiste dunque una situazione profonda, almeno dal punto di vista psicoanalitico, abbastanza specifica: potremmo dunque intenderla come una precisa situazione psicopatologica, sempre che si intenda il concetto da un punto di vista dinamico, e non strettamente nosologico, sul quale invece nutrirei alcuni dubbi. Non tanto dunque una malattia psichica ben delimitata, ma un disturbo regressivo da bisogni non evoluti, o se si vuole, una sindrome da bisogno anomalo. La psicopatologia specifica delle dipendenze si situa dunque nelle situazioni di fragilità e di alterazione dell'equilibrio narcisistico: dovremmo ricollegarla alle vicissitudini dell'equilibrio delle forniture emotive e globali infantili, ed a una storia di disequilibrio delle antiche tensioni legate alla diade fornitura-frustrazione. Il togliere con una certa sufficienza le dipendenze dalla loro origine storica personale ed emotiva, per immetterle in un filone interpretativo interamente sociale e paradossalmente astorico sul piano personale ha favorito, non ridotto, la loro emarginazione, ormai molto evidentemente in aumento. L'alterazione dell'equilibrio narcisistico di cui parlavo si può esprimere, io credo, in numerose e diverse forme in qualche modo equivalenti, come prima ho rilevato, di cui tre hanno delimitazioni cliniche precise, e che sono il gruppo delle depressioni, delle turbe psicosomatiche, e del disturbo da uso di sostanze, di cui l'alcolismo è parte. Il mondo della patologia depressiva, nel profondo, è un 193
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