liers de l'Isle-Adam, «qu'on est bien là où l'on doit e.tre (parce que, permettez-moi d'exprimer cette appréhension, démeure une incertitude)». Ma siccome, concorrente sullo stesso piano del Simbolico, e con che peso, è la Musica - per la sua consustanziale rescissione dal piano dei significati e, per ciò stesso, dalle figure del mondo -, ecco la necessità dell'inserto ex novo su quest'arte (vv. 42-51), inizialmente supposta adeguata depositaria del mistero (il mistero del «manque»), ma subito dopo respinta in quanto responsabile della stipulazione di stati artificialmente confusivi (le «confusions fausses») fra realtà e canto, e, successivamente, della cancellazione stessa della realtà, della sua perdita (del suo svanire: il verbo è «évanouir»). Essa viene qualificata perciò, nel mezzo che la designa (la siringa, il flauto), quale «instrument des fuites» (si veda, nel capitolo sull'esegesi, l'analisi dettagliata di questo punto). Certo, nella musica «tout se retrempe au ruisseau primitif»: e tuttavia, «pas jusqu'à la source»5 • Il che resta privilegio dell'arte verbale, per la sua connessione dialettica col mondo - succedaneo - dei significati. Solo a partire dalla più grande distanza postuma rispetto all'«origine», e cioè solo a partire dalle figure che la occultano (le figure di significato, che rinviano alle figure del mondo, che a loro volta non sono altro che figure sostitutive, e quindi figure del «manque»), solo a partire dalla falsità del mondo dei significati, e non prescindendo da essi, si potrà attingere a quel piano simbolico «originario» costituito dal linguaggio in quanto struttura di separazione e, per ciò stesso, in quanto luogo di produzione della "finzione" del vero. Questa invenzione del Linguaggio all'interno del linguaggio (all'interno dei codici istituiti) rappresenta ormai il compito centrale della parola mallarméana, qui e altrove, ora e in futuro: «Moi, de ma rumeur fier, je vais parler longtemps I Des déesses». 167
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