della poesia come progressiva coscienza del Soggetto nei riguardi del linguaggio e del suo rapporto con la realtà. Da cui due conseguenze dal rispetto della fenomenologia dei prodotti. E cioè: per Hérodiade, la fenomenologia del poema interminabile, che cresce e si evolve in una galassia mobilissima di varianti (le infinite sfaccettature o, se si vuole, gli infiniti frammenti dello specchio) per l'incessante approssimazione all'ipostasi di quell'assoluto; per il Fauno, la fenomenologia della serie di poemi conclusi- o esclusi-, ciascuno in progress rispetto al precedente - o inutilizzabile, o utilizzabile in altra sede-, corrispondenti alle successive acquisizioni della coscienza in merito alla struttura e alla funzione del linguaggio: dal suo ruolo subalterno rispetto al vissuto e al «reve» che se ne fa depositario (fase del Monologue) al suo ruolo fondante e, addirittura, costitutivo dell'esperienza del mondo (fase dell'Après-midi). Corollari dell'uno e dell'altro aspetto: per Hérodiade, l'idea di una lingua centrale, di cui si possono effettivamente e con stupore ammirare alcuni campioni nei frammenti delle Noces; per il Fauno, il meta-discorso, di cui sono intessuti, soprattutto, i brani inseriti ex novo nell'Après-midi. Naturalmente, se le approssimazioni alla lingua centrale non possono, per definizione, che continuare a iterarsi, il meta-discorso invece è portato a esaurirsi, una volta. accertata la posizione del linguaggio come fondamento - a partire dalla quale potrà essere rilanciata, appunto, l'idea di Hérodiade e della poesia in genere. Il Fauno del '76, vale a dire EAprès-midi d'un Faune, rappresenta la conclusione, espressa postumamente, di questa progressiva e, diciamo pure, traumatica acquisizione mentale. Viene così a precisarsi l'importantissimo concetto di narcisismo avanzato da Contini a proposito del fauno dell'Après-midi, ma con riferimento anche a Hérodiade. Il narcisismo del fauno è quello stesso dell'auctor «che 164
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