Il piccolo Hans - anno XVI - n. 62 - estate 1989

dea stessa di viaggio. Io penso che la vacillazione di cui ho detto, si prolunghi invece in un saltare oltre, in un muoversi staccandosi da alcunché. Agli effetti della mia piccola ricerca, ciò che in metafora la «poupe double» può essere l'immagine ossessiva di un Oriente, di tutti gli Orienti di cui si è nutrita la poesia occidentale - appunto, il corteo delle visions. Del resto, quest'India non è neppure più un Oriente sfruttabile, ma un'esca, un miraggio. Per confrontarsi ancora una volta a Goethe, il rapporto di aspirare/espirare, l'atmen che coinvolge l'intero corpo, è sostituito in Mallarmé dal privilegio di una funzione parziale e perversa, il vedere. «Trouble» lo manifesta come un vedere attraverso una fenditura, un vedere in feritoia, come si direbbe en abime. La o accentata di «Vasco», alla fine, fa davvero buco - donde qualcosa è defluito irrimediabilmente. L'India non è la lente più prossima né quella più distante del cannocchiale: il rapporto si disperde nell'attimo in cui il testo sfonda verso qualcosa al di là, certo al di là di ogni esotismo, lussuoso o erudito; di ogni identificazione pratica (non altrimenti di quanto accada con la Cina di Kafka, nei frammenti della «Costruzione della muraglia cinese»). Sempre sul filo di Goethe2 , sono andato a ripescare, nell'Interpretazione dei sogni, le pagine relative a quello etichettato comunemente come «Goethe attacca il signor M». Che cosa ha associato, mi chiedo, questo sogno freudiano con il discorso abbozzato qui partendo dal West-ostlicher Divan, al di fuori dal richiamo così ovvio da apparire puerile, del nome di Goethe? Rileggo il rendiconto che ne fa Freud. Un suo amico, il signor M. è stato attaccato con violenza insolita e ingiusta 16

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