Il piccolo Hans - anno XVI - n. 62 - estate 1989

Capiamo ora, improvvisamente, la stranezza del titolo: quell'inspiegabile ANarrative che fumantenuto anche dopo, che non scomparve nelle Stories. È perché l'«io», che non ha nome e non ha storia, ricevesse, al suo primo presentarsi, il dono del titolo. Sua è la narrativa: vita che, vivendosi, si narra. Che solo come narrazione sempre in corso, processo che si dà senza sosta, può esser colta. Ed è perciò giustamente indicata non come narration, ma come narrative: per dire che la vita è più prospettiva che paesaggio, più informativa che racconto. L'«io» che ha narrativa, sulla vita, può quindi legittimamente dirsi, benché muto, suo narratore. Per una necessità profonda, e non per amore di ridondanza, il libro rimase dunque, a tutti gli effetti: YOUTH: A NARRATIVE AND TWO OTHER STORIES (1902) (ma è notte alta: a nulla più giova l'immaginare. È ora di chiudere «le cinque porte della conoscenza», di lasciare il racconto e trasferirsi sui luoghi: magari aiutati da una telefonata. Prolungando più oltre la veglia altro non faremmo, dice Browne, «che trasformarci nei nostri stessi Antipodi».) Paola Colaiacomo 149

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