Il piccolo Hans - anno XVI - n. 62 - estate 1989

ste al di fuori di questo luogo, ma noi facciamo fatica a separarlo da esso. A entrambi inerisce una traccia storica, come osserva Freud per il divano psicoanalitico-la traccia di una seduzione (quale era in fondo il trattamento ipnotico). «Ritualizzazione», ribadisce in un suo libro Jacques Durandeau: uno strumento, un processo, un pezzo di mobilio per rendere relativamente meno impossibile il passaggio della parola, che sia analitica o poetica poco importa. D'altra parte il divano è pure un divano di Procuste, se i rimandi mitologici hanno qualche valore. Anche un testo scritto, una raccolta di testi ha qualcosa a che fare con Procuste, implicando una serie di slogamenti e mutilazioni che sono il pedaggio inevitabile perché la parola possa finalmente circolare (era pressappoco quel che pensava Valéry parlando di ogni poema come di una sezione storica del testo possibile). Il titolo che leggo in frontespizio al libro di Goethe diventa quasi naturalmente uno shifter, che induce anche questa serie di spostamenti, per quanto sembrino arbitrari; in mancanza di meglio conviene attenercisi, fidando nella loro funzione orientatrice. Dopotutto, è lo slittare del termine stesso di «divano» dal campo metonimico a quello metaforico, di cui prendiamo coscienza continuamente, a rendere meno improbabile lo sfruttamento proposto. Il nome diventa una camera sonora in cui ascoltare gli echi del rapporto Oriente-Occidente per la poesia contemporanea. Goethe, il West-6stlicher Divan, le metamorfosi di un nome, costituiscono la catena associativa per arrivare a un certo approccio. Così «divano» è termine medio che fa scorrere alcune delle figure psichiche e verbali già avanzate: frantumazione I unità/ distanza/ continuo I discreto I profondità/ leggerezza: tutte saggiate alla prova di quella coppia che 13

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