Il piccolo Hans - anno XVI - n. 62 - estate 1989

centrale che nella cultura e nelle predilezioni di Freud occupa l'opera di Goethe, questa pezza d'appoggio è insieme normale e rilevante. Il richiamo alla citazione fatta da Freud non è gratuito. Dal dialogato fra Suleika e Hatem, emerge almeno questo verso, per l'uso che se ne può fare qui: «Bin Ich mir ein wertes Ich», letteralmente: Sono per me un Io preziosofrase che prende meglio il suo valore se ci si rifà a quanto dice Suleika, poco più su: «Che tutto perdere può un uomo I purché rimanga quel che è». Il possesso del nucleo unitario del Sé si presenta come il bene supremo- anche se l'amore risolva a suo modo la questione. Ma tale integrità viene spontaneo connetterla con il polo antitetico individuato all'inizio: lo zersplittern, il disperdersi in frantumi. Il doppio movimento della distanza e quanto si carica e scarica lungo il filo unità/frantumazione, aiutano a fare un altro passo verso la risposta alla domanda: perché scegliere proprio il West-ostlicher Divan come punto di partenza di un discorso sulle relazioni fra Oriente e Occidente per quanto riguarda la poesia, soprattutto contemporanea- discorso che dovrebbe introdurre il tema di questo numero del «Piccolo Hans»? Nella scelta di un punto di partenza, per quanto arbitraria sembri, si annida sempre una forza libidica che la rende in qualche modo necessaria. Il Divan veniva a proposito, intanto, per il rifiuto di tutta la parte scenografica dell'esotismo «orientale» che prenderà piede dopo di esso per quasi un secolo, di cui «A une malabaraise» di Baudelaire darà un capovolgimento amaro e ironico; e d'altro canto esso è la versione poeticamente più alta di quel rapporto in vario senso amoroso che può fare scrivere a Goethe: «Se tu dalla tua amata sei lontano/come l'Oriente dall'Occidente». Ma è essenzialmente l'atto di lasciarsi dietro il «mondo che va in frantumi», a qualificare le ragioni della scelta, 11

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