Il piccolo Hans - anno XVI - n. 62 - estate 1989

Tu lo sai, cuore mio, come la sorte è ingiusta: · l'una ignora l'amore, l'altro ama disperato. Sono fuggito dal giardino dove la rosa è crudele, dove l'amante che la coglie è certo di tormentarsi. Non sperare niente, I:Jafe�, dalleorbite degli astri; il cielo, prodigo di mali, ignora i benefici. Ecco come Goethe interpreta questo topos: È possibile, amata, che ti dia le mie carezze, della voce di Dio intendo il suono. Impossibile la rosa si rivela sempre, incomprensibile l'usignolo. In Goethe il contrasto fra l'amante e l'amata non è più fisso su cardini inamovibili, ma si risolve per miracolo nell'incontro fra i due partners, che avviene solo per intervento di Dio, quel Dio panteistico che regola dall'interno tutta la vita dell'universo. A ragione si cita spesso, a questo proposito, una delle poesie più celebri del Divan, Wiederfinden (Ritrovarsi). Qui la precarietà del prodigioso equilibrio dell'amore ricambiato richiama la visione cosmica di Allah, che crea un mondo rimasto a lungo nascosto nella volontà divina. Ma nell'attimo stesso che Allah rompe l'unità originaria del Tutto, ecco che l'armonia dell'universo si lacera. Il principium individuationis reca con sé anche l'inevitabile conseguenza del dolore; di qui la necessità della presenza dell'Amore, che è una forza generatrice perenne, capace di ricongiungere i frammenti di una entità che minaccia di dissolversi. Ma la testimonianza più plastica ed evidente della qualità del «misticismo» goethiano è la lirica che chiude il Libro di Zulaika. In una delle sue fonti, Fundgruben des Orients, sei volumi, di Joseph von Hammer, pubblicati a 106

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