autorizzerà ad abbandonare ogni allestimento lachmanniano e gli garantirà, anche con gli errori sicuri da emendare, l'oggettività della sua edizione. Ma questa risoluzione della filologia nella certezza del presente, assicurata dalla «realtà fisica» del documento39 , investe nei fatti- si direbbe con Benjamin nell'«elaborazione micrologica» di «elementi singoli e disparati»- la visione globale dell'esperienza della scrittura: l'edizione bédieriana fedele al miglior manoscritto - al codex optimus - sancisce il valore storico e l'autonomia del testo, e- «su un piano esclusivamente tecnico (ma con ampi rapporti con l'evoluzione dell'ermeneutica filosofica, ancora più radicale)»- configura un distacco strutturale tra questo e la volontà del1'autore40 . La filologia di Contini persevera nel ricercare, provvedendo e superando la certezza del documento, la verità, che non sarà mai l'originale, ma un testo che lo evochi e lo interroghi da ogni punto della sua lezione, una «rete di ipotesi di lavoro» che lo avvicini continuamente, da ogni punto della storia della tradizione, ripensata e rigorosamente investigata secondo l'insegnamento di Giorgio Pasquali. Il valore di questa verità, che vive nella diacronia, informa la critica e la lettura, e le sostiene oltre il limite e la paradossale rinuncia di Bédier, del quale tuttavia il filologo continua a traguardare «il passaggio», come il luogo in cui più chiaramente è indiziata l'irrazionalità che minaccia il metodo41 • Proprio questa esigenza fiduciosa di razionalità contraddistingue l'indagine del Contini nelle materie e nella storia dell'ecdotica, e porta il suo metodo a coniugare costantemente un pragmatismo non meno deliberato di quello del Bédier con una rigorosa gnoseologia. Si tratti di rivedere la fenomenologia dell'errore o delle varianti o di compiere una «marcia di avvicinamento» a qualche verità «frazionaria» in una tradizione orale o scritta, il modo di procedere sarà ogni volta una razionalizzazione 96
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==