Il piccolo Hans - anno XVI - n. 61 - primavera 1989

anche se non riceve il suo nome proprio di Verleunung in quanto il battesimo avrà luogo nello scritto sul feticismo. Si può desumere dall'ingresso nella scena teorica di questi due problemi (che riconoscono per di più numerose anticipazioni) quanto sia questionabile l'idea di attribuire all'Io il ruolo di agente della riconciliazione e di fare della forza relativa della sua organizzazione la condizione necessaria della buona riuscita del processo. Lacan, nella sua polemica con la Psicologia dell'Io, insiste sul misconoscimento come un elemento caratterizzante la struttura dell'Io. Altrettanto importante è individuare il curioso paradosso nel quale s'incorre se lo si designa l'agente della riconciliazione. In effetti un Io capace di scindersi, deformarsi e frammentarsi e di rifiutare interi pezzi di realtà per poi rattopparla con un delirio pur di non venire a meno al proprio compito di «armonizzatore», è singolarmente forte, e non debole come propone la scuola americana. Ciò consiglia di rovesciare la prospettiva dalla quale viene solitamente visualizzato il quesito. In primo luogo è consigliabile pensare la riconciliazione come un principio specificamente legato al funzionamento dell'intero apparato psichico, come uno dei principi che regolano le «soluzioni» che l'apparato consente al soggetto, e non come un meccanismo. In secondo luogo la riconciliazione è un principio neutro, non funziona necessariamente all'insegna del progresso e della crescita. Se la sua relazione con la guarigione e con la cura è evidente, altrettanto lo è il suo rapporto con le configurazioni che assume la malattia. In quest'ottica la malattia, come vuole Freud, è veramente una parte della personalità, se con ciò s'allude alla «soluzione» che l'apparato riesce a costruire con i materiali di cui dispone e tenendo conto dei principi inerenti alla propria costituzione. Tra questi bisogna annoverare la riconciliazione. Non è certamente un caso che il concetto di riconcilia69

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