Il piccolo Hans - anno XVI - n. 61 - primavera 1989

Si può intravedere, facendo un paragone tra i due lavori citati, che sono inoltre contemporanei, il profilarsi di una distinzione eventuale tra la riconciliazione intesa come meccanismo di accettazione di un materiale rimosso (le fantasie omosessuali di Schreber) e la riconciliazione concepita come principio regolatore del funzionamento complessivo dell'apparato psichico (all'opera nella mediazione artistica tra fantasia e creazione di una nuova realtà). Anticipo con ciò la tesi dell'utilità di considerare la riconciliazione come principio e accenno a una delle differenze riscontrabili tra il concetto freudiano e quello kleiniano di riparazione. La primogenitura riconosciuta innanzi alle Osservazioni psicoanalitiche su un caso di paranoia in riferimento alla riconciliazione dev'essere tuttavia ridimensionata; in effetti, i testi del 1911 sono una sosta del percorso che Freud aveva inaugurato con il Progetto e continuato con il cap. VII della Traumdeutung. Il concetto di riconciliazione non emerge ex novo nei lavori del 1911, ma è implicitamente presente fin dall'inizio nel pensiero freudiano sull'apparato psichico: basta rivedere la sezione E: «Il processo primario e secondario: la rimozione» del cap. VII della Traumdeutung, la prima sezione della parte III del Progetto e la lettera 112 a Fliess. Negli anni della metapsicologia la riconciliazione continua a rivestire principalmente il carattere di un meccanismo di trattamento del materiale rimosso che si esprime nei sintomi, mentre l'unica novità di riguardo proviene dalla considerazione della malattia come una parte inscindibile della personalità del soggetto, dalla quale egli potrebbe derivare futuri vantaggi. Il panorama si complica e si arricchisce notevolmente quando si prende in considerazione il periodo di elaborazione di ciò che è noto come la seconda topica, punto di partenza di svariati distinguo e di numerose ramificazioni delle teorie psicoanalitiche postfreudiane. Va da sé, 67

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