A volte bastavano le mani, gli occhi vi cadevano sopra inevitabilmente. Le mani compivano gesti e tracciavano parabole rivelatrici: anche ferme erano strumenti che portavano i segni delle attenzioni e delle disattenzioni. Fra le immagini c'erano gli animali. Il loro immobile sgomento davanti al pericolo, il dolore della ferita, i sussulti e gli sguardi velati di quelli colpiti a morte. L'abbandono di un corpo addormentato per terra, la determinatezza dell'andare di alcuni, la felice sazietà di chi aveva soddisfatto i propri bisogni, il soprassalto di quelli che si sentivano guardati. Altri non percepivano di essere guardati. Animali che davano senza sapere lavorando con disperato affanno. Negli occhi di alcuni l'odio della dipendenza che c'è in fondo all'amore e la simulata pazienza di chi un giorno si sarebbe ribellato. C'erano gli oggetti. Quelli strettamente necessari legati alla variabile ripetitività della loro funzione, quelli che si sceglievano e si possedevano per soddisfare un ricordo (quello che si era avuto) o per soddisfare un'aspirazione (quello che non si era avuto). Alcuni erano frutto di un dono o venivano trovati o sottratti. A volte la storia del loro incontro e quella del tempo trascorso insieme era paragonabile al rapporto che si può avere con le persone. Il loro valore non poteva essere quantificato, la moneta di scambio non aveva conio. Gli oggetti che erano appartenuti ad altri, portavano le tracce del loro breve o lontano passato; un tempo che poteva essere anche tuo o diventare tuo o rimanere per sempre di altri, insignificante o ostile. Alcuni oggetti erano ordinati negli scaffali, canne d'organo con tasti di suoni diversi. Altri strumenti erano fasciati di silenzio. Altri oggetti gonfiavano cassetti, altri riempivano cristalliere e mensole. Molti, allineati negli armadi, non si sarebbero più potuti indossare logorati nel tempo e dal tempo. Alcuni avrebbero ripreso a brillare non appena le scatole si fossero aperte, altri rimandavano 198
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==