sa venne eseguita o semplicemente concepita come creazione artistica, allora ogni esecuzione ha una qualche conseguenza sul modo in cui quest'opera può essere conosciuta storicamente. È possibile allora concepire la filologia applicata alla ricostruzione sonora, alla prassi esecutiva come uno strumento ermeneutico indubbiamente vitale alla conoscenza dell'opera. Ma questa funzione si esplica non tanto in direzione di una illusoria riappropriazione di una immagine sonora «vera» perché identica e tendente a presentare ogni altra interpretazione come frutto di mistificazione, bensì al contrario, affiancandosi alla serie di altre interpretazioni date di quest'opera, può fare luce sulla storia della sua ricezione, illustrarne la Nachleben, la vita postuma in cui l'opera, secondo Walter Benjamin, rivela progressivamente il suo senso e quindi si riscopre come nuova ad una lettura divenuta «consapevole della costellazione critica in cui proprio questo fram' mento del passato s'incontra proprio con questo presente»19_ In questa direzione - con scarso grado di consapevolezza - sembrano fi41 0versi le tendenze più rècenti delle esecuzioni quasi maniacalmente sospinte verso la riproduzione di prassi e condizioni esecutive d'epoca (strumenti, organici, ambienti, persino i vestiti) sulla spinta di un successo commerciale crescente. Esse avanzano ambiziosamente verso la conquista del territorio indiscutibilmeflte dominato dall'arte interpretativa romantica: Mozart, Beethoven, Schubert. Se il proposito può apparire vacuo - ed in effetti non si fatica a leggervi come motivo ispiratore forse ancor più che un interesse storico-filologico una fissazione per parametri di fedeltà timbrico-uditiva di pretta marca audiofila - tuttavia a volte i risultati di queste operazioni sono ancor più sorprendenti e suscitatori di immaginabili polemiche di quanto non accada per qualche esecuzione di musiche, ad esempio di Georg Muffat, delle quali si possiede solo una pallida idea. Inve170
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