Il piccolo Hans - anno XVI - n. 61 - primavera 1989

nuovo dell'interpretazione di Harnoncourt - e più in generale di ogni interpretazione, filologica o no - rispetto alle precedenti è il mutare delle condizioni di ricezione. La paradossale angoscia filologica descritta da Jorge Luis Borges in Pierre Ménard autore del Chisciotte, trasferita in campo musicale acquista contorni che non sono più così paradossali se la si inserisce nella consapevolezza che rieseguire un'opera è insieme confermarne l'identità come testo, ma al tempo stesso modificarne il senso per il fatto stesso che si aggiunge un'altra esecuzione alla storia della ricezione di questa opera. Le difficoltà che incontra Ménard intenzionato a comporre non «un altro Chisciotte - ciò che è facile - ma il Chisciotte»16 suonano come una metafora dell'agire filologico musicale: «Il mio compiacente precursore non rifiutò la collaborazione del caso: andava componendo la sua opera immortale un poco à la diable, portato da inerzie del linguaggio e dell'invenzione. Io ho contratto l'obbligo misterioso di ricostruire la sua opera spontanea»17 • Immaginando di confrontare due frammenti assolutamente identici di Cervantes e di Ménard - «la verità, la cui madre è la storia, emula del tempo, deposito delle azioni, testimone del passato, esempio e notizia del presente, avviso dell'avvenire» - Borges osserva che «il testo di Cervantes e quello di Ménard sono verbalmente identici, ma il secondo è quasi infinitamente più ricco... Scritta nel secolo XVII, scritta dall'ingenio lego Cervantes, quest'enumerazione è un mero elogio retorico della storia». In Ménard essa invece si trasforma: «La storia, madre della verità; l'idea è meravigliosa. Ménard, contemporaneo di William James, non vede nella storia l'indagine della realtà, ma la sua origine. La verità storica per lui, non è ciò che avvenne, ma ciò che noi giudichiamo che avvenne»18. Se dunque ogni esecuzione di un'opera esprime in qualche modo «ciò che giudichiamo_ che avvenne» quando es169

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==