ri di accurata ricostruzione organologica, frequente è risuonata un'ulteriore sottile accusa da parte di celebri virtuosi dell'altro partito: noi suoniamo su Stradivari, su Guarneri: questi sì sono strumenti originali, non le vostre copie miserelle! La prospettiva storica dei sostenitori della prassi esecutiva d'epoca, concepita quasi come automatico, oggettivo prolungamento del testo autentico è però ben presto uscita dalla fase di fiduciosa, quasi verginale scoperta di un antico mondo sonoro. L'approfondimento della ricerca filologica nel campo della prassi si è trovato di fronte alla grande responsabilità di cui era investito l'interprete dei secoli passati, al carattere «sommario» della musica scritta, alle testimonianze contraddittorie circa l'intervento estemporaneo necessario al completamento della res {acta, cioè della partitura. Come e in che misura intervenire è un problema che solo in minima parte può trovare il conforto della testimonianza documentaria cosicché i cultori della prassi esecutiva, lungi dall'aver tolto di mezzo le imposture dell'esecutore, si trovano oggi fra le mani questioni interpretative di gran lunga più complesse e più legate a scelte di ordine estetico di quanto non accada ad un interprete che non si preoccupa di prassi filologica. Con lo svanire dell'illusione di una ricostruzione oggettiva, valida in assoluto, la filologia della prassi, smarrendo il suo unanimismo e scoprendosi insanabilmente divisa sui criteri da adottare, è approdata ad una fase di maturità e consapevolezza teorica superiore, aprendosi alla prospettiva ermeneutica come un terreno particolarmente fecondo. In questo senso nessun'altra disciplina artistica quanto la musica mostra con tale evidenza l'inevitabile carattere di interpretazione che ogni ricostruzione del passato porta con sé. La regola della metodologia storiografica che il documento, il dato, va tenuto distinto dal fatto,11 rilanciata fortemente dall'ermeneutica letteraria di Jauss e dalla teoria della ricezione 163
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