Il piccolo Hans - anno XVI - n. 61 - primavera 1989

materia di musica vocale ed operistica allorché si confronta la ricchezza dinamica, timbrica ed espressiva delle voci «impostate» modernamente - con accentuata «immascheratura» e sfruttamento ottimale degli organi risuonatori - con i caratteri della vocalità che vuole ripristinare tecniche preottocentesche, l'uso dei falsettisti artificiali, alla ricerca di tecniche altrettanto e forse anche più raffinate di quelle odierne, ma diversamente orientate alla valorizzazione della dolcezza del suono piuttosto che della potenza. Il senso comune impone dunque il suo interrogativo in modo inderogabile: perché ritornare al passato se il presente offre più tangibili pregi musicali dai quali la musica ha tutto da guadagnare in senso estetico? Per il filologo non sensibilizzato alla problematica ermeneutica sollevata dalla teoria della ricezione il problema non si pone neppure. Il suo ideale del «fatto grezzo», del testo autentico, delle norme di esecuzione quali sono desumibili in base alla ricerca storica od organologica rimane intatto, nonostante eventuali e ripetuti confronti perdenti rispetto alla gratificazione offerta dal celebre inteprete che suona Bach sullo Steinway gran-coda o dalla grande orchestra agli ordini di un ancor più grande direttore (confronti di norma perdenti anche in termini di mercato, almeno fino a qualche anno fa). Una tendenza alla demonizzazione del Romanticismo, al rigetto completo come fonte di guasti gravissimi del1'epoca che ha visto il sorgere delle odierne modalità di intendere la musica e che ha prodotto topoi come la grande orchestra, il moderno direttore, il recital del virtuoso e, su su, fino alla nascita dell'alta fedeltà e dei suoi nuovi orizzonti di valori, caratterizza molte delle posizioni degli specialisti della musica «antica» - filologi e musicisti - e del loro pubblico, eredi in forma più sfumata di quell'«ascoltatore risentito» delineato da Adorno nella sua celebre tipologia9 • 161

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