Il piccolo Hans - anno XVI - n. 61 - primavera 1989

però i singoli oggetti, ma l'insieme, la casa di Soane. Oppure vi sono gli assemblaggi, come quelli di frammenti romani (iscrizioni, parti di statue, decorazioni architettoniche), splendidi, nel cortile di Palazzo Farnese a Roma, settecenteschi, di gusto piranesiano; rispetto all'insieme che costituiscono i singoli pezzi non hanno più importanza, il messaggio significativo vien trasmesso da questa specie di Wiinderkammer archeologica. In casi come quello della Gare d'Orsay, ciò che può in� quietare è che l'operazione del museo d'autore sia stata compiuta su famosi capolavori impressionisti. E questo riguarda sia la qualità di opere d'arte che si presentano per eccellenza come tali sia la nostra abitudine a vederli decontestualizzati rispetto alle abitudini di arredo o di presentazione in galleria della seconda metà dell'Ottocento, ma anche decontestualizzati dal loro tempo, rispetto al rapporto con la pittura loro contemporanea. Al di là della soluzione adottata nella Gare d'Orsay, credo che il problema centrale sia questo. Colonetti. Ci sono due logiche progettuali, da questo punto di vista, rispetto all'allestimento, che è in fondo una sorta di restauro esterno all'oggetto; è un termine improprio, o comunque non convenzionalmente utilizzato. Da un lato la tradizione di progettisti, di architetti, che vogliono imprimere, in modo forte, il concetto di autore su altri autori. Non è che ciò sia scandaloso di per sé: dipende sempre dall'autorevolezza, dalla qualità di chi interpreta un altro interprete. Esiste, poi, dall'altro lato, una tendenza che si limita a mettere a disposizione spazi flessibili, dove l'unica connotazione è costituita dall'architettura esterna, come segno della riconoscibilità dell'autore: Stirling in Germania e soprattutto il Museo di Arte Contemporanea di Houston progettato da Renzo Piano, dove la scelta è stata proprio di questo tipo: cioè realizzare un contenitore - anche questa, comunque, è una 146

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