Il piccolo Hans - anno XVI - n. 61 - primavera 1989

prodotti dal tempo - emerge l'identità dell'opera. Si obbedisce a questa preoccupazione quando, ad esempio, si eliminano da un dipinto, come dall'edizione di un testo antico, certe integrazioni di lacune, eseguite in passato: quasi per restituire l'immagine o la scrittura al suo stato reale, per identificarla in questo stato, che contempla tutti i segni del tempo. Non si può pensare che l'immagine o la scrittura si manifesti e si faccia riconoscere anche per questi segni, che dunque sono molto più preziosi e veritieri delle loro pretese integrazioni? Conti. È, posto alla rovescia, in maniera molto suggestiva, il problema che poneva Roberto Longhi nel 1940, quandodiceva che un testo può essere ricostruito, fra tante ipotesi, anche nella sua originalità, mentre nell'opera d'arte, unica, l'intervento sarà sempre falso. E con questo ricordava la differenza fondamentale fra l'opera d'arte che è fatta di certi materiali e solo di quelli, ed un testo che vive in qualunque apografo. La lacuna in un testo si individua alla lettura, si segna come guida al lettore. Quella su un dipinto si vede ed, al limite, può essere più deformante di un intervento anche un po' arbitrario. C'è un aspetto dell'integrazione delle lacune da chiarire, che è fondamentale e va tenuto presente. Di solito si pensa che la parte con la lacuna si debba ricostruire ma al tempo stesso debba essere riconoscibile; ci sono tecniche di rigatino ecc. destinate ad una ricostruzione che dia la possibilità di individuare la lacuna; con queste tecniche si vedono fare dei pastrocchi orribili. Come quando ci si è sentiti autorizzati a ricostruire con tecniche «riconoscibili» sugli affreschi di Giotto ad Assisi, specialmente nelle lacunosissime 'Storie di Isacco', architetture ed altre parti geometricamente individuabili, impastando in maniera incredibile l'affresco duecentesco con le integrazioni recenti. Questa è una concezione sbagliata: le lacune si devono 140

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==