Il piccolo Hans - anno XVI - n. 61 - primavera 1989

Viola. Ecco, data questa impossibilità di ricostruire un'identità originaria, ci si può sempre chiedere: che cosa si restaura? Conti. Certamente. Non c'è solo l'impossibilità di ritornare all'aspetto originario, c'è anche il fatto-che per me è precedente e fondamentale-della durata in vista della quale un oggetto viene eseguito. Perché c'è l'oggetto effimero, destinato a durare poche ore o pochi giorni e la grande opera d'arte, il monumento, fino all'opera letteraria che, ci ricorda Orazio, è più duratura del bronzo (finché se ne legge o capisce la lingua e ne resta vivo il messaggio, noi possiamo aggiungere). L'oggetto effimero che sopravvive quasi per caso per essere trasmesso ad una durata molto lunga avrà spesso bisogno di interventi molto radicali, tali da svisarne le caratteristiche fisiche di tatto, di rapporto con l'ambiente, ·anche l'aspetto. Il restauro in questo caso può divenire una specie di mummificazione. Quando vale la pena di trasmettere l'oggetto in simili circostanze? Un'opera eseguita a regola d'arte è destinata a durare, la sua tecnica è depositaria della saggezza tecnica che generazioni di artisti e artigiani hanno verificato sulla durata e l'assestamento dei materiali. A meno che non sia un'opera d'arte contemporanea nella quale, nel contestare vari aspetti di un'aura tradizionale, sia stata messa in discussione anche la durata. Ci si trova allora davanti ad opere che non si possono far durare di più a costo di non costituire dei falsi, dei feticci. Dobbiamo avvicinarle nel loro messaggio di oggetti che sanno di essere effimeri; il loro ricordo su tempi lunghi sarà affidato a forme di documentazione che esulano dalla conservazione dell'originale. In un oggetto, comunque, a volte c'è la possibilità di una durata molto lunga che ci richiama l'idea di infinito. Ad un certo momento però ci sarà inevitabilmente una situazione in cui l'oggetto non si può più conservare in un 131

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==