Il piccolo Hans - anno XVI - n. 61 - primavera 1989

sia senz'altro vera, anche se preferisco giungervi attraverso un percorso diverso di quello del suo rigoroso idealismo. Per Brandi il restauro è, per definizione, una presa di coscienza dell'opera d'arte in quanto tale. Da parte mia preferisco ricordare che le operazioni che si fanno nel corso di un restauro sono le stesse sia che si restauri Raffaello che le insegne del Pont Notre-Dame, come si osservò nel corso del dibattito sul restauro sorto in Francia a metà Settecento. Il restauro, i suoi scopi e la sua legittimità si collegano, d'altronde, al problema della durata in vista della quale viene eseguita un'opera d'arte o qualsiasi altro oggetto; un problema che non si pone partendo dalla pittura e ignorando manufatti artisticamente meno significativi. Il problema è lo stesso per le insegne del Pont Notre-Dame e per il Grand Saint-Michel di Raffaello. Ciò che varia nel momento in cui si voglia garantire un più lungo tramando di questi dipinti (al di là del pregio figurativo) è la durata in vista della quale erano state seguite le insegne delle botteghe del ponte (qualche decina di anni) e la grande tavola raffaellesca, dipinta in vista di tempi molto lunghi. Quindi erano state seguite scelte tecniche diverse e diverse attenzioni alla possibile conservazione che fin dall'origine avevano differenziato lo status simbolico e le possibilità di durata dei due generi di pittura. Viola. Naturalmente la cosa o la grande opera cambia o si guasta in questa durata; dal momento che si avverte il «guasto», l'idea di poter ricostruire la forma originaria sembra plausibile ... Conti. No, non esiste. Quando si leggono le solite frasi giornalistiche sul dipinto tale o tal altro che sarebbe stato riportato allo splendore originario è chiaro che chi scrive sta bluffando o è estraneo a qualsiasi problematica del settore. 130

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