Il piccolo Hans - anno XV - n. 59 - autunno 1988

Benjamin di ciò che egli chiama «la morte dell'intentio». La benjaminiana memoria dell'inattuato non è dunque la riemergenza di un vissuto insaturo, di un «intendere» che non è stato riempito, di un futuro attivamente impedito, ma l'irruzione di un passato che eccedeva le possibilità coeve di comprensione e che dunque è rimasto impressionato, come su una lastra fotosensibile, in attesa di una «rivelazione» che lo sviluppasse, lo costruisse, giacché non gli era toccato né di essere immortalato nella memoria, né di essere sopraffatto senza scampo dall'oblio28• Per Bergson, non esiste «oblio reale»: tutto il passato si · conserva, ma solo sognare la propria esistenza invece di viverla ne garantirebbe un possesso pieno, pienamente in atto, come una sorta di tableau vivant. La tensione dello «slancio di coscienza» sbriciola invece il passato in minime sezioni finite, che diventano tangenti al presente come correlati dell'azione. Quando questa urgenza progettuale si arresta, la mente si ripiega su se stessa, stazionando alla sommità del cono rovesciato con cui Bergson rappresenta la memoria, senza essere assillata dell'esiguo orizzonte del «piccolo cerchio dell'azione». Vi sono anzi contesti in cui i quotidiani «disturbi della memoria» (come il «falso riconoscimento», il déjà vu), nei quali si produce un «ricordo del presente», si dilatano in un precipitare non trattenuto di immagini, come in una sequenza cinematografica impazzita: è !'«esaltazione della memoria», l'ipermnesia che si produce nei morenti29 • Immagini volontarie, improvvise, panoramiche della loro intera vita li visitano con l'intensità di un ultimo sguardo rapito alle cose. Benjamin fu sempre colpito da questo afflusso di immmagini3°, e ne diede un'interpretazione coerente con la sua concezione della memoria: rispetto a Bergson, egli non insiste sulla radicale indistruttibilità del passato; sottolinea invece come il passato, per potersi conservare, debba transitare in noi senza essere accaduto, perso nei vicoli ciechi del non vissuto. L'ipermnesia 98

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