Il piccolo Hans - anno XV - n. 59 - autunno 1988

Grimm. Come la vecchia del racconto di Tieck, «curva come un uncino», esso ci ammonisce che «il dimenticato ci 'sopravviverà'; non ha bisogno di fare affidamento su di noi; la sua dimora è 'indeterminata'. È un cumulo di foglie avvizzite - se fruscia, risuona insieme un nascondersi e un essere cercato»24 • La novella di Tieck è gremita, soprattutto nel corso della narrazione di Berta, di questi crepitii, di queste tracce acustiche che si disseminano nel racconto: dalla lingua straniera avvertita da Berta nella sua fuga da casa ai «suoni strani» che la circondano nel bosco, dal «colpo di tosse» che annuncia la vecchia alla sua «voce stridula», fino al canto sempre uguale dell'uccello fatato, a metà tra «corno da caccia e zampogna». Il termine déjà vu appare in tal senso a Benjamin non felice, poiché sembra concedere alla vista quel privilegio che andrebbe invece attribuito all'udito, che Plinio definiva il «senso della paura». 96 «Molto si è scritto intorno al déjà vu. Ma l'espressione è proprio indovinata? Non si dovrebbe parlare di circostanze che ci colpiscono come un'eco, il cui suono originario sembri essere stato emesso in qualche oscuro recesso della vita anteriore? Del resto, è un fatto che lo choc, con cui un istante si presenta alla nostra coscienza come già vissutq, ci colpisce per lo più sotto la specie di un suono. E una parola, un fruscio o una vibrazione, ai quali è stato conferito il potere di rapirci nel gelido avello del passato, la cui volta sembra rimandarci il presente solo come un'eco. Strano che nessuno si sia soffermato sull'altra faccia di questo rapimento, sullo choc con cui una parola ci impietrisce, al pari di un manicotto (Muffl dimenticato nella nostra stanza. Come questo ci riconduce ad una straniera che vi sostò, così a quell'invisibile straniera ci riconducono parole o silenzi: il futuro che essa dimenticò presso di noi»25 •

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