Il piccolo Hans - anno XV - n. 59 - autunno 1988

versa più sensibile alla luce13 • L'«approdo nell'ora» è solitamente un ritorno al presente che segue a un ottativo, a un'avventura di desiderio, come in certe storielle chassidiche: in queste caso l'ottativo è l'impulso a confessare14 che attanaglia Ecberto, presago che al segreto di cui si ritiene l'unico depositario manchi qualcosa, la parte più importante. Il sollievo prodotto dall'appagamento di questo impulso, che ripete, sia pure in forma più debole, gli atti della vicenda di autoformazione della narratrice, si traduce in una trappola: Ecberto, che ha promosso la narrazione, la espierà ripercorrendo in una sorta di sequenza rovesciata le orme di Berta - l'uccisione del testimone, l'approdo alla «solitudine di bosco» in cui si consuma la rivelazione ferale. La macchina narrativa di Tieck, «soave nei particolari, angosciosa nell'insieme», rivela qui la sua tecnica anamorfica indulgendo con prolissità nel racconto in cornice, che occupa da solo quasi l'interezza della fiaba, e sciorinando con noncuranza le spasmodiche battute finali. La fiaba, scrive Bloch, si conclude con «un'ultima frase che potrebbe essere la prima»15 , quasi a indicare il sortilegio di un' «eternità nello stesso déjà vu», di una circolarità soffocante e palindromica come la sonorità ossessiva dei versi dell'uccello fatato. 2. Malgrado non abbia dedicato, come Bloch, un saggio alla novella di Tieck, che pure aveva progettato di scrivere, Benjamin ha definito Der blandeEckbert, ancora pochi mesi prima di togliersi la vita, nel maggio del 1940, il «locus classicus della teoria dell'oblio»16• Il «profondo racconto di Tieck» è evocato nel saggio su Kafka, e le ombre che ne popolano il narrato (di cui già Bloch ricordava la sembianza di gnomi, su cui incombe una luce scialba) sono fatte reagire da Benjamin con la luce incerta che avvolge certe figure kafkiane o dei racconti di Walser, affini ai gadharva delle saghe indiane: «creature incompiu92

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