Il piccolo Hans - anno XV - n. 59 - autunno 1988

rato, perché venga riconosciuto e valorizzato come merita. La stessa data di composizione, che segue immediatamente gli eventi narrati- senza frapporre la distanza temporale che invece caratterizza l'Anabasi - immette il lettore suo contemporaneo in un presente storico del quale è compartecipe. Ciò che Cesare si propone non è certo da individuare nell'intento di chi si muove entro la definizione di storia come magistra vitae, ma, ferma restando la celebrazione della virtus del condottiero, dei suoi collaboratori, dei legionari-è semmai più vicino a un trattato di tecnica militare. Ne fanno fede, oltre alle minuziose descrizioni delle battaglie combattute, la cura particolare dell'autore a informare dettagliatamente su tutti gli accorgimenti difensivi-offensivi (gli accampamenti, le mura, i valli, i trinceramenti, ecc.) e, in modo particolareggiato sulle macchine da guerra costruite, e talvolta inventate-;p- er l'assedio delle città o la difesa del proprio esercito: un aspetto che non a caso affascinò un architetto come il Palladio inducendolo a illustrare «con le figure in rame degli alloggiamenti, de' fatti d'arme, delle circonvallazioni delle città», e con quelle di opere di difesa e macchine belliche, l'edizione dei Commentari da lui personalmente curata.20 Anche il ripresentarsi, nella Guerra gallica, della sottolineatura delle distanze percorse assume un significato diverso, e per certi aspetti opposto, che nell'Anabasi. Si tratta di una insistita funzione narrativa che, mentre nel1'opera di Senofonte sta ad indicare il progressivo allontanarsi dei diecimila del mare e dalla lontana patria, e successivamente tutta l'asprezza del ritorno, la sua estenuante durata, in Cesare è di per sé un'arma di guerra e di vittoria: in ultima analisi una metafora della energia e della decisione del condottiero. Una metafora, del resto, sostenuta stilisticamente dallo scrittore mediante l'accentuatissima paratassi e la frequente iterazione di stereotipi della rapidità (magnis itineribus, qua proximus 76

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