Il piccolo Hans - anno XV - n. 59 - autunno 1988

un luogo comune della critica storica. Analogo il procedimento di parlare di sé in terza persona, e di riferire i propri discorsi secondo la modalità del «discorso libero indiretto»; non dissimile il rilievo dato alle distanze percorse, ai gravi problemi del vettovagliamento; parallelo il giudizio sul carattere malfido dei nemici «barbari» e sulla loro innata tendenza all'inganno e al tradimento. La modalità, marcatamente «atticista» della scrittura di Cesare, contribuisce ulteriormente ad accostare la sua opera a quella di Senofonte. Ciò malgrado, un esame anche superficiale delle due opere secondo categorie narratologiche, ne palesa immediatamente le sostanziali diversità strutturali. Si è già accennato a come I'Anabasi, dopo una prima parte di andamento lineare, si elevi a cuspide sino a raggiungere l'incontro con il mare da parte dei diecimila, per ricadere subito dopo in una modalità di tipo marcatamente cronistico; si può aggiungere che il libro ha termine, piuttosto stancamente, con l'esaurirsi della vicenda dei diecimila e di Senofonte stesso, dopo il loro arrivo a Pergamo, e con un autoelogio dell'autore: «Senofonte si viene a trovare nella possibilità di fare del bene anche ad altri». La guerra gallica, invece, dopo la brevissima presentazione del terreno geografico e degli antefatti dell'azione di Cesare, passa immediatamente a mettere in luce il suo ruolo e le sue res gestae: e l'«egli»/Cesare dominerà da protagonista lo spazio narrativo sino alla pagina conclusiva che, con la sconfitta e la resa di Vercingetorige, sancisce la definitiva conquista della Gallia, la vittoria di Cesare e di Roma: l'acme narrativo coincide con quello dello svolgersi degli eventi, ed è gradualmente preparato da tutto quanto precede. A differenza di Senofonte, Cesare non avverte il bisogno di «presentarsi»: la destinazione immediata dei Commentari è quel senatus populusque romanus cui egli sapeva di essere ben noto, e cui, semmai, dà conto del proprio ope75

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